Lo spreco alimentare aumenta in Italia

Spreco alimentare

Il 5 febbraio si celebra la Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare. La dispersione di risorse alimentari richiede azioni urgenti. Scelte alimentari sane e sostenibili da parte dei cittadini possono restituirci un pianeta migliore. 

Il 5 febbraio 2025 si celebra la dodicesima Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare. Si tratta di un’iniziativa che, dal 2014, ha l’obiettivo di sensibilizzare i consumatori riguardo alle gravi conseguenze dello spreco alimentare per l’ambiente e per il Pianeta.

I dati forniti dall’osservatorio Waste Watcher sullo spreco alimentare sono allarmanti. Ogni italiano getta in media 524 grammi di cibo alla settimana. I beni di consumo che finiscono nella pattumiera sono soprattutto gli alimenti freschi: frutta, verdura, pane fresco. Inoltre, lo spreco alimentare ha un impatto economico significativo. Si spendono 6,4 miliardi di euro per il cibo sprecato e 5,2 miliardi di euro per l’acqua e l’energia necessari per la produzione degli alimenti stessi, per un totale di 11,6 miliardi di euro, pari a circa 190 euro per ogni italiano.

La riduzione dello spreco alimentare e la promozione di sistemi alimentari efficienti sotto il profilo delle risorse rientrano infatti tra gli obiettivi chiave della politica europea Food 2030. La Commissione Europea ha definito undici “pathways for action” al fine di realizzare un sistema alimentare che possa affrontare le sfide globali entro il 2030. Tra queste il cambiamento climatico, la malnutrizione e la sostenibilità ambientale. Gli undici pathways sono quindi le strade da percorrere per raggiungere i quattro obiettivi chiave della politica Food 2030. In particolare, gli obiettivi sono:

  1. Diete sane e sostenibili;
  2. Sistemi alimentari resilienti;
  3. Economia circolare ed efficienza delle risorse;
  4. Innovazione e rafforzamento delle comunitĂ .

Secondo WWF Italia “affinché il sistema alimentare attuale diventi sostenibile, è necessaria una profonda transizione. Questa deve riguardare non solo la produzione, la trasformazione e la distribuzione di cibo, ma anche il consumo dello stesso a livello locale, nazionale e internazionale. Questa transizione dovrà essere collettiva e dovrà prevedere scelte alimentari più sane e sostenibili da parte di tutti i cittadini”.