Carne coltivata: il futuro sostenibile della gastronomia

foto di Nike Schiavo, esperta di carne coltivata

Nike Schiavo, biotecnologa, ricercatrice e presidentessa dell’associazione “Agricoltura Cellulare Italia APS” ci accompagna in un affascinante viaggio alla scoperta della carne coltivata e delle sue potenzialità.

foto di Nike Schiavo, esperta di carne coltivata

 

Che cos’è la carne coltivata? 

“La carne coltivata è una nuova tecnologia per produrre cibo, in particolare cibo storicamente derivante da un animale. Questo tipo di produzione offre tuttavia potenziali vantaggi dal punto di vista della sostenibilità, della sicurezza e dell’etica.”

Come mai ha deciso di avvicinarsi a questo ambito di ricerca? 

Ho iniziato a interessarmi a questa tecnologia ai suoi albori (ca 2015) per motivi etici, in quanto potrebbe offrire deliziosi piatti senza sfruttare animali. Approfondendo la mia formazione universitaria e assistendo allo sviluppo del campo, nel 2020 ho potuto appurare che la tecnologia offriva anche potenziali benefici dal punto di vista ambientale. Questo per me è stato è stato il punto di svolta che mi ha portata a fare ricerca in questo ambito.”

Quali possono essere i principali vantaggi per l’ambiente? 

“Io parlo sempre di potenziali vantaggi, potenziali perché di fatto non esiste un processo produttivo su larga scala su cui poter fare tutti i calcoli necessari a stabilire un numero esatto di consumo d’acqua, consumo energia, consumo terreno etc. Le stime iniziali ipotizzano un minor consumo di acqua e terreno. Se si useranno fonti energetiche rinnovabili, si stimano anche emissioni di CO2 minori. A mio avviso, due fattori rilevanti e più affidabili saranno la ridotta eutrofizzazione e produzione di particolato.

Questi due parametri derivano principalmente dal fatto che l’allevamento convenzionale è un sistema “aperto” che difficilmente riesce a controllare dove finiscono i reflui liquidi e gassosi. La produzione di carne coltivata invece prevede un sistema chiuso e finemente monitorato, in cui saranno necessariamente implementati sistemi di trattamento degli “scarti” che dunque più difficilmente finiranno nei bacini idrici provocando eutrofizzazione, né rilasceranno ammoniaca nell’aria provocando la formazione di polveri dannose per la nostra salute.”

Perché, secondo lei, in Italia siamo ancora tanto distanti dalla commercializzazione? 

“Non ritengo sia un problema strettamente italiano. Come prima cosa, la tecnologia non è matura per una produzione su scala industriale. Di conseguenza la commercializzazione è ancora lontana per molte aziende e in molti paesi non ci si è ancora posti il problema. Inoltre è una questione a livello di regolamentazione europea. Le recenti scelte politiche italiane non avranno effetto (se non quello di penalizzare la ricerca e lo sviluppo dell’ambito nel nostro Paese) qualora la commercializzazione di questi prodotti venga approvata a livello europeo. Se la carne coltivata verrà commercializzata in UE, l’Italia non potrà vietarla.”

Quali consigli potrebbe darci per sensibilizzare ulteriormente e abbattere i pregiudizi?

“A mio avviso, il primo passo è sempre far realizzare al pubblico che le loro scelte di consumo hanno un impatto sull’ambiente. Le scelte alimentari hanno un impatto sull’ambiente e sul riscaldamento globale. Carne e altri derivati animali consumati come facciamo oggi in Italia non sono sostenibili. Iniziare a far capire al pubblico questo concetto potrebbe iniziare una discussione formativa e fare in modo che sia il consumatore stesso a cercare scelte più sostenibili, tra cui la carne coltivata.”